mercoledì 3 giugno 2009

CANDONI: il campo rom della Magliana

Roma 03/06/2009- Ho messo la sveglia alle 5.00 ieri sera. Alle 7.30 di stamattina camminavo nel campo rom di via Candoni, nel quale vivono due tipi di etnie, quella serba e quella di zingari rumeni.
Strade asfaltate e container in cemento, mi hanno portata al primo confronto con il Casilino 900.
A quest'ultimo si accede per via di una strada sterrata e le dimore della gente sono vecchi camper o baracche autocostruite con legno e lamiera.
Il primo incontro è Antonio, Serbo, si occupa della sicurezza.
"Come mai sei qui?" Mi ha chiesto. Pensando fosse inevitabile, gli ho raccontato del documentario che, assieme ad altri tre ragazzi, sto portando avanti al Casilino 900 e che il lavoro stesso mi ha portata al bisogno di conoscere la vita e la gente di altri campi in modo da non fermarmi su un unica e prima impressione.
"E pensi che con una telecamera sulla spalla riuscirai a conoscerci?"
Ecco l'imbarazzo, la sensazione di diventare più piccola di una formica nel deserto.
Dal momento in cui sono uscita di casa, fino a quello della sua domanda, mi sono chiesta un miliardo di volte perchè avessi deciso di portare la camera con me. Per un mese e più, sono andata al Casilino senza nulla in mano, malgrado fosse forte il desiderio di documentare ogni cosa che mi scorreva davanti.
L'errore, al momento della domanda di Antonio era evidente, perciò non ho fatto altro che riconoscerlo e scusarmi con lui.
La reazione è stata quella di dirmi che non c'era bisogno di giustificarsi, che l'errore è umano e che se avevo intenzione di conoscerli, valeva lo stesso comportamento che avevo avuto con i rom del Casilino 900. Questo non perchè una documentazione sulla condizione del campo è asclusa dall'interesse del campo stesso, ma solo perchè presentarmi in questo modo avrebbe solo messo una barriera tra me e la gente del posto.
Sono salita su uno dei tre autobus gialli che porta i bambini a scuola. Qui il secondo confronto: al Casilino 900 c'è un unico scuolabus per un totale di 700 abitanti, tra i quali i bambini fanno la maggioranza. Ho pensato pertanto che pochi del Casilino frequentano la scuola, a differenza di quello che ci hanno raccontato.
Nel tragitto mi è rimasta impressa Jessica, ho visto i suoi quaderni, osservato a lungo i disegni e chiesto lei di leggermi una frase. Legge molto bene, normali difficoltà di un bambino medio delle elementari.
Da grande vorrebbe fare l'insegnante, non mi ha saputo spiegare il perchè ma si teneva in faccia l'entusiasmo tipico di chi sogna di diventare qualcuno.
Davanti alla scuola è stata lei a prendermi per mano, allora l'ho accompagnata su per le scale, fin davanti l'entrata della I d, dove ci siamo salutate.
Al ritorno verso il campo ho parlato con Daniela, Serba di 35 anni, madre di quattro figli, tre maschi e una femmina di quindici anni, sposata quest'ultima con un ragazzo rom di 18.
Tra quattro mesi Daniela diventerà nonna.
Ho portato a casa un'altra fetta di questa cultura mal raccontata dai mass media, i quali non fanno che impaurire la gente, piuttosto che invitarli a prendere una posizione soggettiva delle cose. Una fetta differente da quella gia assaggiata lungo il viaggio al Casilino 900, sia per le condizioni di vita, sia per la gestione del campo, ma comunque sempre riconoscibile dalle usanze, dai comportamenti e dal calore, insiti in tutti quelli che ho incontrato.

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